Grecia continentale Off-Road – Il Nord, un tesoro nascosto.
Sono bastate due ore di Grecia, per farci capire che questo tour avrebbe
lasciato il segno nei nostri cuori, un segno indelebile, la cui ferita, forse,
potrà essere placata solamente con un altro viaggio e un’altra storia.
Sono le 12, un sole cocente ci ricorda che siamo ad Agosto, abbiamo
appena guadato un piccolo fiume, e ora, attorno a noi, solo piantagioni di
granturco e le nostre ruote immerse nel fango dei canali d’irrigazione.
Che ci facciamo qui? La nostra destinazione? La Zagoria, splendida perla
della Grecia continentale che dovrebbe accoglierci per la notte,
dovrebbe cullarci con il fresco vento che s’incanala nella oltremodo
pazzesca gola di Vikos, la più profonda d’Europa, eppure così poco
conosciuta.
Lucia under the mud!
Usciamo dai canali, e godiamo di splendidi paesaggi collinari fino al
nostro primo pranzo in un piccolo paese disperso tra le montagne a nord
di Ioannina, un’Insalata, classica, saporitissima e così rinfrescante, una
chiacchierata con un anziano Greco che parla tre parole d’Italiano, le ha
imparate durante la guerra, quando portava le sigarette ai nostri militari.
Poi si riparte, e arrivano le montagne di Vikos, con tutte le sue cascate,
le sue risorse d’acqua limpida e i suoi fantastici ponti a schiena d’asino
che in un turbinio di tornanti sterrati e ripide salite nel bosco ci
conducono a Papigo, piccola perla della Zagoria, dove con pochi Euro ci
lasciamo coccolare da una calda stanza d’albergo con addirittura due
caminetti.
Vikos: Cento metri con la moto dritta è impossibili percorrerli.
E il viaggio prosegue, cerchiamo percorsi al di fuori dei normali circuiti
turistici, sentieri sterrati, strade bianche, mulattiere, ma anche asfalto,
le curve delle montagne dell’alto Pindo, un paese dentro un paese, dove
non c’è nulla, se non abeti, pini e rapaci che ti seguono curiosi. Nulla, se
per voi il nulla vuol dire tranquillità e libertà.
Corriamo per chilometri e chilometri puntando il confine nord, diretti a
Kastoria rischiando addirittura di rimanere a secco di benzina, mettendo
nei serbatoi un paio di taniche di carburante recuperate in una cantina,
sperando che non sia miscela, fidandoci del fatto che qui, gli scooter
sembrano tutti quattro tempi, dei missili che rombano come delle Harley
Davidson.
Impossibile dimenticare il momento in cui in una valle nascosta,
seguendo un piccolo sentiero, veniamo avvolti dalle nubi, e poi,
improvvisamente infradiciati da un temporale estivo.
Lucy si interroga: “Potremmo dormire qui dentro se non troviamo un camping!”
Il viaggio prosegue, ci porta a Kastoria, cittadina ahimè famosa per le
pellicce, ma da cui si può godere di un fantastico panorama sul tranquillo
lago protetto dalle montagne. 700 metri di quota, a valle, temperature
oltre i 40 gradi, qui, viviamo a 28, permettendoci anche di gustare la
Feta Fritta senza morire nel nostro sudore.
Kastoria, pensate a perché si chiama così e piangete.
Di Greco non capisco una parola, di leggerne i cartelli figuriamoci, ma a
Kastoria, giro alla ricerca di un cavo per la mia videocamera che soffre di
quei problemi che accomunano tutti noi viaggiatori, le Leggi di Murphy:
“Qualsiasi cosa si possa rompere si romperà nel momento peggiore!”.
Ma questa volta Murphy l’ho fregato, e il cavo rotto mi permetterà di
incontrare un ragazzo che ha vissuto otto anni in Italia: “Che facevi?” gli
chiedo. E lui, che ora gestisce un negozio di articoli per Skaters,
simpaticamente e con l’aria sbarazzina mi dice: ”Un cazzo! Un po’ di
musica, un po’ d’arte. Ma quanto è bella l’Italia!”. Poi, ci invita a casa
sua, nella sua casa in montagna, ci offre da bere, ci siamo appena
conosciuti, mi ha regalato il cavo che mi serviva, questa è ospitalità, ma
noi dobbiamo ripartire, ci aspettano i laghi di Prespa, all’estremo nord
della Grecia al confine con Albania e Macedonia.
E allora via, verso i laghi, verso quello spicchio di Grecia che è triangolo di culture.
In quest’angolo di Grecia, incastrato tra altri due stati, abbiamo riprovato
la stessa sensazione di libertà provata in Africa, così, diretti a Nord
anziché proseguire per la tortuosa strada asfaltata, ad una curva tiriamo
dritto, sullo sterrato, senza sapere dove ci condurrà, senza porsi
neanche il problema.
Decine di chilometri nel bosco e poi seguendo le indicazioni della bussola
ci appare la vista del lago, enorme, un gioiello incastonato in una
montatura di montagne verdi, ci appare con tutti i sui uccelli che lo
sorvolano, i magnifici pellicani, i cormorani, solo loro rompono il silenzio
magico di questo luogo così poco frequentato.
Prespa Lake. Fuck the Lonely Planet!
Pochi turisti, noi, e due ventenni Romani a bordo di una Suzuki Katana
550, moto che non si spegne se non togliendo il fusibile principale.
Anche loro, come noi, con pochi soldi a disposizione, ma ad Agios
Germanos, paese sopravvalutato dalla guida Lonely Planet – che ormai ho
deciso di utilizzare solo come scorta di carta igienica – ci saranno
richiesti prezzi esorbitanti per un semplice letto.
Così, tutti e quattro, accompagnati in un luogo da favola, da una coppia
di anziani amanti di questo luogo, dormiremo sul lago, campeggiando
sulla soffice sabbia bianca protetti dalle canne che scopriremo essere il
luogo di riposo preferito dei cormorani e cucinando otto salsicce sulla
brace.
Un bagno nel lago, una lavata frugale e poi via, sulle montagne,
tuffandoci su terreni sempre differenti, sempre avvolti da una cornice di
un quadro d’autore, la natura e la sua semplice voglia di vita.
Dead Village.
Attraversiamo piccoli paesi abbandonati, luoghi una volta tenuti in vita
dagli anziani, ma che oggi hanno visto la fine dei loro giorni a causa della
migrazione dei giovani verso le grandi città. Paesi di case costruite in
pietra, mura diroccate e decadenti senza più il tetto e con il pavimento
crollato, luoghi morti, ma in cui troviamo sempre una fontana, unico
elemento rimasto vivo di questi luoghi sperduti nelle montagne di
Florina.
Guidando on Florina mountains, ecchissenefrega se la strada è quella giusta o meno.
Pranziamo frugalmente, con un’anguria, un’insalata e il sempre presente
Yogurt, con cui i Greci confezionano gustose salse dal sapore semplice,
naturale, fresco.
Su queste strade, incontriamo due motociclisti, sui cinquanta, sono in
viaggio da un anno, la loro vita è viaggiare, un anno di lavoro, un anno in
giro per il mondo, arrivano dall’Australia, cavalcano un Super Tenerè,
una di quelle moto che a noi Italiani non piacciono più, ma che ahimè
sono tra le poche rimaste che le accendi e vai …
Sfuggiamo al caldo delle valli e quando scappi da qualcosa e ti infili dove
nessuno di solito va a guardare trovi quasi sempre il tesoro nascosto, e a
noi capita nuovamente nei dintorni di Edessa.
Il miracolo avviene in un campeggio che con le sue piazzole dotate di
braciere in pietra e legna da ardere già tagliata e pronta, pare il luogo
ideale per ospitare un Elefantentreffen Ellenico. La sera cala il freddo e
noi, davanti ad un fuoco caldissimo ammiriamo la luna che di giorno in
giorno pare sempre più piena.
Ma il caldo focolare lo abbiamo dimenticato presto, e anzi, avremmo
voluto avere tra i nostri bagagli un condizionatore portatile, quando ci
troviamo a dover oltrepassare il lago artificiale di Aliakmona, una lingua
d’acqua stretta nella morsa di aspre montagne che abbiamo tentato di
attraversare sfruttando mille sentieri sterrati visibili dall’alto.
Scendendo verso l’inferno. Quattro ore per riuscire ad oltrepassare il lago.
Prendendo l’asfalto ci avremmo messo pochi minuti.
Non è stata impresa facile, abbiamo sbagliato mille volte, passando dai
1200 metri di quota ai 200 in pochi chilometri di tuffo verso il lago, ci
siamo trovati davanti ad una spiaggia cieca, davanti ad un muro di
baracche che segnava la fine di un sentiero, e davanti ad un cancello
posto impietosamente a sbarrare la traccia che attraversava un piccolo
campo di grano nascosto. Montagne aspre, difficili e nervose, creste
aguzze e frastagliate che rendono la vita dell’uomo in questi anfratti,
molto dura. Le strade asfaltate girano alla larga, portano verso il ponte
sospeso sul lago, a pochi chilometri da qui, ma a noi quello non interessa,
noi volgiamo scoprire questo luogo, imparare a riconoscere i sentieri e
vivere la montagna per quella che era un tempo, quando il ponte non
esisteva e la strada era solo una. Quella che stiamo tentando di trovare.
E’stato tanto difficile quanto appagante, perché ritrovarsi sul terrapieno
incastrato tra le nude rocce che ci ha permesso di oltrepassare il corso
d’acqua è stato indimenticabile tanto quanto lo è stato il momento
vissuto a pochi chilometri da qui, davanti ad un campo di pesche noci
tentatrici, quando mi è finita la benzina.
Ma questo viaggio non pare finire mai di stupirci. Rimango affascinato,
quando ci troviamo davanti allo spettacolo del monte Olimpo, dopo 50 o
60 km di percorsi tra i boschi, dopo aver aggirato una vetta appuntita
come se fosse un cono rovesciato tornito dagli Dei. Il monte è davanti ai
nostri occhi come un panettone servito su un piatto d’argento, la sua
cima è accerchiata dalle nuvole come a proteggerne l’intimità.
L’Olimpo è lì, carico di tutto il suo fascino Pagano, sembra invogliarti a
raggiungerlo, a toccarlo con mano, pare quasi un miraggio, forse lo è, ma
noi ahimè non abbiamo tempo di andare a cercare l’altare di Zeus, il
tempo stringe, e le lancette dell’orologio quando stai vivendo una
vacanza ad un ritmo incalzante come questo corrono sempre troppo
veloci. Troppo veloci.
Senza toccare mai l’asfalto, cercando tra i percorsi dei trattori e tra
quelli dei pastori arriviamo nel primo vero posto turistico di tutta la
nostra vacanza, le Meteore, coi suoi monasteri costruiti sulle famose
rocce a pinnacolo nel cielo.
Ma dove porterò questo sentiero?
Ma qui, non ci vogliamo trattenere molto, sulla carta abbiamo già segnato
il percorso di domani, tracciato che ci vedrà tentare di scalare le alte
vette del Pindo, catena montuosa che ci ha già accolto il primo giorno
della nostra permanenza in Grecia e ci ha riempito gli occhi di splendore.
E su queste montagne di una bellezza disarmante, con percorsi degni
delle nostre blasonate vie del sale, mi pare impossibile che non vi sia
nessuno, non incontriamo moto, non incontriamo camper, non
incontriamo targhe straniere, qui i turisti non vengono, eppure la nostra
nave era piena, colma di Italiani, Tedeschi, Francesi, dove sono? Tutti
sulle isole, tutti accalcati nei soliti posti, come se si trovassero in un altro
paese, forse inconsapevoli del fascino nascosto di questi luoghi che ci
regalano ore di viaggio indimenticabili.
Si torna indietro. Non sempre le strade portano dove vuoi, ma spesso capita che siano
franate.
Un percorso a 1800 metri, un primo passo sterrato che ci consente di
scollinare una montagna calcarea nuda, un muro che dalle pendici
sembrava invalicabile, insormontabile e che invece, siamo riusciti ad
oltrepassare grazie ad un sentiero che pare un miracolo d’ingegneria
stradale.
Poi ancora, per farci venir voglia di tornare, per farci sentire prima del
tempo, la mancanza di questo posto, affrontiamo un tracciato scorrevole
a bordo di un fiume. Nell’altra riva l’asfalto, ce ne accorgiamo, quando
fermi per fare delle foto sentiamo il rumore di una e una sola auto, ma
noi qui, soli, a respirare i profumi dei pini e abbracciati dall’ombra
rinfrescante che ci offre questa valle.
Li troverete solo Mucche, ci disse il simpatico signore… e le abbiamo trovate…
Le montagne non sembrano mai finire, ma alcune non possono essere
scavalcate, così ci ritroviamo in alta quota tra le mucche al pascolo,
guardando il sentiero che corre in cresta, franato nella valle, chiuso per
sempre, rendendo questo luogo un paradiso perduto, vissuto unicamente
dai pastori e dalla natura padrona.
Ma tornare sui nostri passi non è mai un problema, ogni istante vissuto in
questo percorso, illuminato da un angolo differente offre immagini
uniche e indimenticabili.
Ma tutto ha una fine, e una settimana dura poco. Ma il mio regalo l’ho
avuto, ho scoperto un angolo di un paese poco sfruttato dal turismo e
che a me, amante della solitudine Africana ha donato una sana boccata di
energia per affrontare la lunga attesa prima del prossimo viaggio.
Two Brum Brum ….
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