Girare la chiave e partire!
Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole. Charles Baudelaire Sono fermo dietro ad una duna, basa a dire la verità, una delle tante poste lungo la pista diretta che da Douz porta a Ksar Ghilane. Tunisia, una paese che in pochi chilometri quadrati racchiude bellezze naturali dalla forme più disparate, un paese da scoprire lentamente, con più viaggi, più incontri. Questa duna è una delle prime che mi sono trovato a discendere. “Dio mio che fatica!”. Sono sudato marcio, ho il fiatone e il cuore che batte a mille. Sono già volato due volte e insabbiatomi tre, non si contano, invece, le volte che ho rischiato d’essere disarcionato dalla moto, che tutto voleva tranne che galleggiare sulla sabbia. Ma ce l’ho fatta. Oddio prima di riuscirci ho pensato diverse volte d’essere un “Coglione!”, ma la cosa importante è che ora mi sento uno degli Dei dell’Olimpo. E’ inverno, periodo ideale per i viaggi Africani e sono a cavallo del mio GS 1150 “pistonatissimo”, accessoriato meglio che una Limousine di qualche Rapper Americano. Ho borse d’alluminio, GPS last generation, sospensioni rialzate, gomme tassellatissime, chip per benzine brutte e cattive, bussola, carte militari e un fornello a benzina che farebbe invidia a un Astronauta. In Italia nevica, e io sono qui al caldo in brodo di giuggiole per la mia fantastica performance che mi godo il silenzio del deserto. Ho detto silenzio, tuttavia sul più bello sento un ronzio provenire dalle mie tracce dietro la duna: “Che cavolo è?”. Non può esserci anima viva nel raggio di decine, centinaia, anzi migliaia di chilometri, quindi penso a un problema alla moto, un rumore anomalo che potrebbe provenire dallo sfiato dello scarico, ma è spenta, è immobile a dieci metri da me, ferma con la ruota posteriore semi-insabbiata. Non può essere lei. Il rumore aumenta, s’avvicina, finché, in vetta alla duna non ne vedo la sorgente: Un piccolo motorino, un cinquantino, uno di quelli che circolano per tutta la Tunisia, una Mobylette. L’uomo alla guida, che ho fatto in tempo a vedere mentre con tre o quattro pedate è salito in cima alla cresta, è fermo sul suo motorino con i piedi puntati in terra. Mi guarda. Io non posso che ricambiare lo sguardo; lui è salito con quel coso dove solo io pensavo di poter essere in grado di passare. Il mio stato d’animo passa in un attimo dalla libidine, alla disfatta. La mia impresa perde improvvisamente quella sfumatura da romanzo Epico e diventa così maledettamente banale. Sarà un viaggiatore naif, un emulo di Bettinelli, sicuramente uno con le palle! Se penso all’impresa di quell’uomo, io mi sento ridicolo. E’bravissimo! Ecco che scende, s’avvicina, scalcia ovunque per contrastare gli sbilanciamenti provocati dai canali di sabbia, ma resta in piedi. E’ un “Manico!”. Quando costui mi è davanti alza il braccio, mi saluta sorridendo e poi, ridendo, va via. Il ronzio del suo motorino s’allontana. Passano cinque, dieci, venti minuti da quando non lo vedo più all’orizzonte, ma io volgo sempre lo sguardo verso la direzione in cui è sparito. Sono basito, ho la mandibola che sta fungendo da pala per la sabbia, sento quasi i granelli finissimi in bocca. Quest’uomo, senza saperlo, mi ha umiliato. Non era neanche un viaggiatore, ma un semplice passante! Inizio a bombardarmi di domande, non bastava il mal d’Africa, ci voleva pure la crisi mistica. A cosa serve il mio mezzo iper-teconologico? Una sola delle mie gomme costerà tanto quanto il suo motorino, eppure, Lui è passato esattamente sono passato io, anzi, forse lui è anche già arrivato dove vorrei, Inshallah, arrivare io. Impossibile andarsene da quel posto senza portarsi in tasca un sogno. Quello di percorrere la pista diretta Douz-Ksar Ghilane con una Mobylette come quella di quell’uomo. Non importa in quanto tempo, non importa se con successo o meno. L’importante è partire, provare a viaggiare ad andatura lenta, facendo fatica, apprezzando quel poco che sarei in grado di portarmi dietro come bagaglio. Sarebbe un viaggio a tutti gli effetti, un modo per tornare indietro nel tempo, tornare all’epoca in cui partire voleva dire girare la chiave e dare gas al motore. Un motore piccolo, robusto, poco desideroso di cure ed economico. Il suo scopo era portarti ovunque, non si sa dove, non si sa come, ma si sapeva perfettamente il perché: La scoperta, la voglia d’esplorare un territorio sconosciuto, di incontrare persone, imparare a conoscere la sabbia, la roccia e i venti, imparare a cavarsela. Oggi, sono passati diversi anni da quella prima esperienza, quel sogno non l’ho ancora realizzato, ma ad ogni partenza, al porto, mi capita di vedere mezzi sempre più tecnologici, sempre più costosi; mezzi che portano stampate sulle carene i segni indelebili del loro DNA di moto da corsa. Sistematicamente, sulle piste che mi capita di percorrere sbuca qualche scooter, uomini che percorrono senza impensierirsi gli stessi percorsi che si trova a fare la maggior parte delle persone che sono partite dall’Italia con moto pronto-gara. Quindi, questi mezzi così costosi e performanti, servono realmente per viaggiare? Viaggiare! Cosa vuol dire veramente questa parola? E’ difficile, forse impossibile dare una risposta unica a questo quesito. E’ ancora più difficile rispondere quando si parla di viaggi in moto in terra d’Africa, dove oltre all’aspetto naturalistico si devono affrontare anche problemi di natura tecnica. Preparare la moto per un viaggio è importante, oltre che molto divertente. Prima di ogni viaggio passo giorni, mesi a studiare le viti del mio mezzo. Questo deve per prima cosa essere sicuro e come seconda riportarmi a casa. Devo viaggiare, non vincere una gara, quindi la mia moto deve essere affidabile, non un concentrato di potenza che poi si rivela essere come una bomba ad orologeria… che naturalmente esplode sul più bello. Bisogna valutare le cose di cui si hanno bisogno, cercare dei prodotti di qualità piuttosto che quelli che semplicemente hanno la pubblicità più accattivante. Cercare prodotti che abbiano il supporto delle aziende. Loro stesse devono essere parte integrante del prodotto finale e non solo sotto forma di un foglio di garanzia che vale come un rotolo di carta da WC. Io sono stufo di dare soldi a chi mi vende qualcosa e poi si ricorda di me solo per informarmi con una fredda mail ( spam ) che è uscito il prodotto nuovo. Ben vengano le aziende che supportano i loro clienti, che li coccolano, che vogliono tenerseli stretti fornendo loro un servizio d’eccellenza. La passione va servita con passione, e credo che nel mondo ci siano ancora persone che lavorano con questo spirito, anzi, in questo periodo di crisi, credo che saranno sempre di più, dato che chi vuole spendere, forse starà un po’ più attento a dove ripone la sua fiducia, quindi sceglierà meglio a chi consegnare il suo denaro. Ognuno di noi trova il suo modo di viaggiare come l’unico possibile, come il più giusto e bello, e più si è orgogliosi del proprio modo di farlo, tanto più fatichiamo a capire i diversi modi di esplorare il mondo da parte di altri. Figuriamoci se riusciremmo a capire un viaggio effettuato su un mezzo che per i nostri canoni consumistici e opulenti non troviamo consono alla situazione che pensiamo di dover affrontare. I nostri canoni da dove nascono? Chi è il messia che ha saputo sapientemente modificare le nostre idee sul viaggio Africano? Chi è colui che è stato in grado di farci credere che le cose devono durare meno di quanto facevano un tempo e non perché queste si consumino negli anni, ma semplicemente perché negli anni, forse mesi, cambiano gli slogan pubblicitari. Ciò che è fantastico e pubblicizzato come la soluzione definitiva, domani diventerà il ferro vecchio da cambiare. Con cosa? Già, bella domanda! Da cambiare con qualcosa che se va bene ha due regolazioni in più agli ammortizzatori, un cerchio anodizzato di un altro colore e che se sei fortunato è robusto come quello che avevi, ma è più facile che sia più scadente. Poi, naturalmente ti porti a casa un altro motore, o meglio un’altra cavalleria, perché il motore è sempre quello, ma “tirato”… che poi chissà da dove cavolo li tirano fuori tutti sti cavalli se il motore è in sostanza quello che abbiamo già sotto al sedere. Bo. Tornando a casa dal mio viaggio in Libia, durante i lunghi trasferimenti stradali, ( Si, in un viaggio Africano ci sono anche quelli ), ho avuto molto tempo per riflettere su questo argomento. Ma non solo. Ho avuto modo di farlo anche quando mi sono trovato a casa sul divano, comodamente seduto davanti al computer, nei momenti in cui, su internet, ho avuto modo di discutere con amici e non di questo argomento. A prescindere dal mezzo, che rimane una delle componenti fondamentali per noi Viaggiatori, o Turisti, dell’Africa d’oggi, la distinzione di noi Africani, va fatta in base alla tipologia di organizzazione che abbiamo deciso di seguire. Ci sono diversi modi di viaggiare in moto in Africa, ma sostanzialmente sono riconducibili a tre filoni ben distinti: Chi fa tutto da solo partendo da casa. Chi si affida ad un Tour operator prendendo un aereo per trasferirsi direttamente sulle dune e c’è chi si appoggia ad un’organizzazione che svolge la funzione di guida sul posto e si occupa delle prenotazioni degli alberghi. Le motivazioni che portano una persona a scegliere il proprio modo d’intendere il viaggio in Africa sono spesso giustificate da pochi fattori: Tempo, soldi, voglia di sbattersi per organizzarlo e la tipologia d’esperienza che questo vuole vivere. Per ultima, per pochi, forse arriva la destinazione. Alla prima voce per la scelta, c’è la sabbia. Mi immagino le domande poste ai tour-operator: “Quanta sabbia facciamo? Impegnativa? Dune alte? Quanto? Non è robetta da principianti; Vero? No, perché io voglio aprire il gas!”. Certificazione DOC per il viaggio di questo tipo è il nome dell’Erg in cui ci si recherà. Più ha la fama di essere “cazzuto” e più alto sarà il valore di chi porterà a termine il viaggio… Oddio, viaggio! E’ forse viaggiare questo? O forse si tratta di una prova di forza? E’una scelta legittima. per qualcuno può avere un senso e non lo giudico, ci mancherebbe. Ma così facendo si relega il Deserto alla funzione poco dignitosa di parco giochi, e si tralascia il vero significato di viaggio. L’importante è non confondere le cose. Oggi, da puro ascoltatore della gente, da amante dei racconti di viaggiatori esperti che in tante occasioni mi anno affascinato, mi sembra di percepire nell’aria una certa mutazione delle motivazioni che originariamente portavano l’uomo a voler affrontare un Viaggio, quello con la V maiuscola, in Africa. Leggendo sui Forum, sulle riviste, ed ascoltando i racconti di chi va in Africa mi pare di avvertire la fusione del termine viaggio con le parole: Adrenalina, avventura, impresa. Sempre meno, ma fortunatamente ancora capita, senti parlare dei luoghi, delle persone, delle tradizioni, delle emozioni che regala un tramonto riflesso su un lago salato. Sempre più spesso mi capita di ascoltare discorsi tecnici, di gomme, di moto, di bagagli, di cavalli. Ecco quindi che il viaggio consumistico, quello che offre tutto e subito servito su un piatto d’argento, diventa il pacchetto ideale di chi parte con la moto “pistonata”. Ma in tutto questo, il viaggio che fine ha fatto? Il gusto della preparazione, dello studio da casa, della ricerca delle persone, il tutto condito dal piacere di andar piano avvolti da un miracolo della natura. Tutte queste cose dove finiscono se quanto serve per viaggiare è una telefonata al Tour operator e recarmi al negozio all’angolo a comprare il meglio del momento ( breve ). Io la mia moto la amo, mi diverte, ma è solo un mezzo, non la ragione del mio viaggio. Non lo è così come non lo sono le alte dune, la velocità il pericolo. Quelle cose le lascio a chi è più bravo di me a guidare, a chi ha qualcosa da dimostrare. Non ho ancora realizzato il sogno scooter, ma lo farò, per ora voglio viaggiare in Africa con un mezzo che tutto ha tranne che dell’adatto al luogo, l’esatta antitesi della moto “pistonata” pronto sabbia, una CBR 900 RR. Con questa mi troverò a zampettare sulle dune del parco Djebil, di Tembaine, a spingere e magari non farcela. Andando piano le sassate delle piste di montagna faranno meno male e il sale del Chott avrò modo di lavarlo con calma. L’ho detto! L’importante non è il mezzo, ma ciò che si va a scoprire, il territorio, la gente, le tradizioni il tramonto di un campo tendato e il fuoco del bivacco sotto le stelle. Se io riuscirò a vedere tutto questo pilotando una moto da pista, perché non andarci con l’essenziale, quello che avete già in casa, ciò che veramente serve, pensando per una volta alla destinazione piuttosto che ai cavalli che portiamo a spasso. Girare la chiave e partire! |
Girare la Chiave e partire! Viaggio alla scoperta della “meta” con un mezzo TOTALMENTE inadatto!
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Questo è ciò che pensiamo di fare. Ma in un viaggio come questo nulla può andare come da programma… ma il bello è anche questo! La mappa del viaggio, i dettagli chilometrici e qualche consiglio sulla cartografia La meta, qualche pensiero sul paese, sui luoghi, su cosa visitare. Scarica il roadbook di una tappa |
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Lucia viaggerà con il suo DRZ. Se non altro una delle due moto tornerà a casa!!! |
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Le Foto del Viaggio | ||
Foto del primo test OFF-Road! | ||
Preparazione della Moto Questa non verrà stravolta, ne tantomeno modificata. Se speravate di trovare in queste pagine le foto di un CBR modificato da enduro, be, vi sbagliavate… la moto rimarrà come mamma Honda l’ha fatta, che tanto andava già bene!Piuttosto verrà rimessa in ordine, il vecchio proprietario la usava in pista, lei viene da Monza, quindi una revisione non le farà male. | ||
I commenti sul viaggio Normale! C’è chi crede che non si possa viaggiare con una moto “Non Consona” e chi invece la pensa come me … | ||
Attrezzatura Cosa porteremo con noi e cosa speriamo di riportare anche a casa! | ||
Il rientro le prime impressioni | ||
Ringraziamenti Tutte le persone e le aziende che hanno reso questo mio sogno possibile. | ||
Altre idee … Stradale
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